La memoria di profumi e sapori nei dolci artigianali di Zagarella


Proprio accanto a San Pietro, nel luogo in cui le antiche fornaci cuocevano, modellandoli, i mattoni per la fabbrica della Basilica, una sola ampia strada scorre tra la linea ferroviaria da un lato e le pendici del Gianicolo dall’altro. Altre vie brevi la intersecano. A focalizzare il tutto la grande Chiesa di Santa Maria alle Fornaci. Conclusa la grande opera architettonica, la strada si era popolata via via di case, di botteghe, erano rimasti gli artigiani con i loro diversi mestieri utili al servizio del rione. Insomma un piccolo villaggio, dove a voce si salutavano “Mastro…”

Il turismo di massa, intervenuto più forte non molti anni fa, con i suoi B&B, i ristoranti, i bar, i negozi di souvenirs non ha invaso un piccolo delizioso, dolcissimo angolo. Lì un artigiano conserva la memoria di quell’atmosfera di paese, con le abili mani ne preserva i profumi, i sapori, soprattutto quelli più dolci, quelli che subito fanno venire l’acquolina in bocca. E con lieviti, bombe e sfoglie allieta ‘dolcemente’ ogni inizio di mattina. 

E’ Liborio Zagarella, 80 anni, originario di Mazzarino (CL), ma romano d’adozione, che ha dato il suo nome al locale, un bar pasticceria con annesso laboratorio e una lunga finestra aperta sulla strada, opportuna, in questi tempi, per servire in sicurezza i clienti.

Signor Liborio, come era questo quartiere quando con sua moglie Lucia ha aperto la sua attività?

Io rilevai questa attività nel 1975, era già un bar pasticceria, ma il precedente proprietario lavorava ‘in modo industriale’. Io cambiai il modo di lavorare in produzione artigianale.

Le racconto un aneddoto. Il secondo giorno di apertura venne da me un signore che mi disse: “Sono il fornitore delle uova quante ne vuole?”. “Una”, risposi io. E il giorno dopo mi portò solo un plateau, circa 30 uova. Io ne volevo una cassa, cioè 360 uova. Il fornitore stupito mi chiese: “Che cosa ne vuol fare?”

All’inizio eravamo soli io e mia moglie Lucia. L’avevo conosciuta quando avevo dodici anni mentre portavo un sacco di mandorle. Un amore vero, a prima vista! L’ho sposata quando ne avevo 27. Per qualche tempo sono venute in aiuto le mie figlie, poi tutti e quattro i miei figli hanno preso altre strade.

Questo era un quartiere popolare. Vi abitavano molte famiglie e c’erano molte botteghe di artigiani: il panettiere, il falegname, il ciclista, il gommista, il barbiere, il vetraio, il ciabattino, (era proprio qui di fronte), lo stagnaro (all’epoca non c’erano molte macchine industriali e se avevi da smaltare una ramina te lo faceva lo stagnaro). C’erano il tappezziere, la lavandaia, la sarta. Una rammendatrice abitava proprio qui vicino. C’erano pure il macellaio, il corniciaio,  proprio qui su per la via. 

Era davvero un piccolo paese.

Parliamo di lei: ha sempre avuto la passione per la pasticceria? Da chi ne ha appreso i segreti?

Quando ho aperto per qualche mese ho assunto un pasticciere. Dopo due mesi mi sono accorto che non soddisfaceva i miei gusti e cosi ho provato a fare da solo. Per una quindicina di giorni la notte lavoravo e di giorno vendevo. Non soddisfatto dei miei risultati, ero quasi sul punto di assumere un nuovo pasticciere, quando una mattina sono arrivato in laboratorio e, non potevo credere ai miei occhi, finalmente ero riuscito. Ho capito quel giorno che avevo sempre strapazzato troppo la pasta. Ho imparato a non strapazzarla e i risultati sono arrivati. E’ stato un bel risparmio!

Posso dirle… secondo me così dovrebbe fare il nostro governo, quando non funziona un ministro politico meglio prendere un tecnico, mandare a casa il politico e risparmiare i soldi.

Adesso sto insegnando tutte le mie ricette a Giorgia, una bravissima apprendista, che da tre anni collabora con me. E’ perfino più brava di me, perchè lei ha quella calma, quella pazienza che io non avevo alla sua età.

Come si svolge la sua giornata?

Abito sopra al laboratorio. La giornata incomincia alle 5; alle 5.30 inforno i cornetti che ho messo a lievitare la sera prima; alle 6.15 apro al pubblico… ho dei clienti che lavorano ad Orvieto a quell’ora passano e si portano pure due cornetti per una seconda colazione. In questo periodo di pandemia alle 16 incominciamo a preparare la chiusura che adesso è alle 18, prima era alle 20.

Nel suo laboratorio si segna il passo con le stagioni… si addoliciscono le feste…

Ad ogni periodo necessita il giusto dolce: in Quaresima, i quaresimali di tradizione catanese, a Pasqua le colombe con canditi e mandorle, d’estate il gelato in particolare quello alla rosa. In autunno vanno a ruba i marrons glacés e anche i ‘lieviti’ con i marrons glacés, a Natale il panettone, il panforte, il pandoro e il famoso tronchetto della tradizione romana. 

Le sue ricette non provengono solo dalla tradizione, continua la sua ricerca di nuovi gusti, sapori, profumi?

Ogni mese proponevo una ‘fantasia’ nuova, cambiavo ricetta sperimentando.

Man mano che vedevo che una cosa andava bene, ne facevo un’altra, come il gelato al dattero, oppure il gelato con ricotta e cioccolato, il gelato ai fichi, con fichi a km 0 coltivati da me nel pezzo di terra che ho in provincia di Rieti.

Il gelato le è dunque ‘rimasto nel cuore’…

Iniziai a fare gelato a 15 anni, lavoravo come lavatazzine in un bar gelateria. Il giorno di San Giuseppe, il padrone del bar, rimasto improvvisamente senza gelataio mi disse: ‘Prova’. Avevo visto tante volte il mastro gelataio mischiare gli ingredienti, le uova, il cioccolato. Ci misi tanto tempo… non c’erano le macchine, allora, per fare il gelato si faceva tutto a mano con un grande contenitore, il mantecatore e una sorta di mestolone di legno… Alla fine feci tre gusti crema, cioccolato e nocciola. Il padrone mi disse: ‘ce ne è voluto di tempo, ma… è buono!’.

Al suo gelato alla rosa qualcuno ha anche dedicato anche una poesia…

Una ragazza di terza media, la figlia di una coppia di miei clienti. A scuola le hanno chiesto di fare un’intervista giornalistica e lei mi ha dedicato una poesia.

So che fino a poco tempo fa lei riusciva a far sorridere i suoi clienti non solo con la dolcezza delle sue leccornie. A fine giornata era infatti d’obbligo un momento conviviale, rallegrato da barzellette…

Quando avevo appena aperto la sera c’era gente che passeggiava e qui di fronte c’era un circolo privato per cacciatori. Ogni tanto venivano qui a rilassarsi e ci raccontavamo le barzellette.

Nel 2006, poi, in occasione dei mondiali…

La finale dei mondiali tra Italia e Francia era trasmessa in diretta da Berlino. Quando l’Italia finalmente conquistò la coppa io e mia moglie cucinammo 10 chilogrammi di spaghetti conditi con salsa al pomodoro, pesto e in bianco. Tutti i nostri clienti ne assaggiarono tranne due turisti francesi in un angolo del locale, esclusi da quella favolosa spaghettata. Per una sera, come si vede nella foto, la mia pasticceria divenne per gioco l’Osteria Zagarella…

Adesso con la pandemia le vetrine sono vuote, ma all’interno oltre il bancone le teglie di prelibatezze appena sfornate fan venire l’acquolina in bocca, ci regala una ricetta?

Difficile sceglierne una, tante sono le mie creazioni.

La ciambella siciliana fatta con la pasta sfoglia farcita con marmellata di fichi settembrini, il frustino, ovvero una pastasfoglia allungata farcita, le crostatine di gelso nero, deliziosa con i frutti del gelso del mio giardino…

C’è poi il caso della torta di mele. Vi racconto un altro aneddoto. Una coppia di clienti venivano soltanto la domenica a prendere dolci da portare alla anziana mamma. Un giorno l’avvocato venne di giovedi. Stupito gli chiesi il motivo dell’insolito giorno. Era appena tornato da Firenze, dove uscito dal tribunale, era andato al ristorante con un cliente. Al tavolo a fianco un cliente, cui era stata offerta una fetta di torta di mele, aveva detto ‘Mangio solo la torta di mele di Zagarella a Roma’…

La mia torta di mele ha un ingrediente segreto, è vero, che non posso svelare, ma vi darò in breve delle indicazioni per un delizioso tortino di mandorle alla crema di pistacchio. 

E’ una ricetta senza latte. Si amalgama un composto di margarina uova farina e mandorle tritate, in parte amare, in parte dolci. Poi si prepara la pastella si mette in uno stampino da forno. Si riempie con una crema composta da uova e pistacchi tritati e si copre la tortina con granella di pistacchi. Una ventina di minuti nel forno a 220/230 gradi ed ecco fatto.

PASTICCERIA ZAGARELLA
Via delle Fornaci 95
Roma
Tel. 06 634628