Atelier des Pampilles: scoprire, trasformare, raccontando il proprio sogno


Due percorsi di vita diversi, nell’architettura e nella comunicazione,​ e poi ad un certo punto una nuova strada insieme imparando, creando, ridando nuova vita a mobili ed arredi, non smettendo mai di fare ricerca e volendo al contempo restituire quanto si è imparato in questa avventura.​ Questa in sintesi la storia di Cristina e Sara, anima e cuore dell'”Atelier des Pampilles”, bottega, laboratorio e punto di incontro in Via Cesare Lombroso, nel quartiere di San Salvario.​ “Trasformare la materia, avere le mani in pasta, toccare lo sporco delle superfici che poi diventa pulito e magari colorato è qualcosa che ha quasi un potere sciamanico” racconta Cristina.​

Tutto ha inizio poco più di 6 anni fa. “Avevo chiuso la partita IVA da architetto – dice Sara – poi in un garage di alcuni amici avevo cominciato a fare lavori di restauro di mobili”. Anche Cristina in quel periodo sta terminando un’esperienza professionale nel campo della comunicazione e sta cercando di capire quale strada intraprendere.​ “Sara aveva già un’idea chiara di cosa voleva fare, aveva trovato un posto fisico dove lavorare. Io ero nella nebbia più assoluta e non sapevo che direzione dare alla mia vita”. Poi tramite i rispettivi mariti Sara e Cristina si conoscono ed iniziano a collaborare.​ “C’è stata una mano che ha mosso il tutto – dice sorridendo Cristina – se penso che i primi tempi venivo nel garage dove lavorava Sara e mi sentivo spaesata, mi sembrava di essere in una zona periferica della città ed ora ho appena comprato una casa che si affaccia proprio sul cortile dove c’era il vecchio garage. Quasi un cerchio che si chiude”.

Da circa sei anni è nato l’ Atelier des Pampilles. “Cercavamo un nome francese, ho sentito questo, ne ho cercato il significato e lo abbiamo scelto”. Ed una coppia di ‘pampilles’, le gocce di cristallo dei lampadari di una volta, accoglie i visitatori all’ingresso dell’atelier. “Il lockdown è stato un acceleratore di consapevolezza di chi siamo. Ora tutto quello che siamo state ci torna utile. Tutta la professionalità di Sara come architetta torna utile, a lei pesava la burocrazia del suo lavoro,​ ora si tenuta la parte creativa, divertente ed ha lasciato la burocrazia”, spiega​ sorridendo Cristina. “Se abbiamo invece bisogno di fare un post, aggiornare il sito, scrivere il programma dei nostri corsi, insomma​ fare comunicazione, è tutto lavoro di Cristina”, fa prontamente​ eco Sara. Ma nel vostro lavoro ognuna ha delle competenze precise? “No, siamo assolutamente intercambiabili nelle lavorazioni artigianali. Lavoriamo per ore a fianco spesso in silenzio”.

Certo il modo di procedere nei sei anni ha avuto degli aggiustamenti: “all’inizio tenevamo aperto questo locale come se fosse un negozio,​ compravamo nei mercatini mobili ed oggetti e poi li trasformavamo.​ Avevamo più bisogno di una vetrina.​ Ora a livello espositivo cerchiamo di tenere il minimo indispensabile e lavoriamo più su commissione e dando consulenze per quanto riguarda gli arredi, i colori”.​ Proprio il colore e l’utilizzo​ di​ materiali diversi, a cominciare dalla carta da parati,​ dai tessuti, fanno parte di questa evoluzione. I primi tempi l’atelier era stato pensato come un posto di incontro, all’inizio si organizzavano anche feste di addio al nubilato, poi per scelta sono andate scemando”.

Quello che c’è stato fin dall’inizio sono i corsi che Sara e Cristina tengono nel loro atelier nati anche per rispondere a difficoltà che loro stesse hanno incontrato all’inizio della loro attività.​ “Il mondo dell’artigianato è tendenzialmente protezionista,​ non c’è tanto la voglia di raccontare, di condividere.​ Noi abbiamo imparato da sole, a parte qualche rara eccezione.​ Per le tappezziere in stoffa siamo riusciti faticosamente a trovare una signora in Veneto che teneva corsi e che ha accettato di venire a Torino per insegnarci. Adesso a chi partecipa alle nostre iniziative sottolineiamo la preziosità incredibile di poter imparare,​ di condividere”. Tra i corsi proposti, soprattutto nella giornata del sabato, la trasformazione di un mobile con la carta da parati,​ con la colorazione​ o la foderatura di arredi imbottiti.

“Prima del Covid partecipavano anche 8 persone,​ ora al massimo abbiamo 4 partecipanti. Nonostante questo, appena è stato possibile abbiamo voluto riprendere,​ vogliamo dare un messaggio positivo e la risposta c’è, la gente ha voglia di uscire, di riprendere a vivere”. Per chi partecipa il costo è di 150/180 euro “c’è un impegno di energia e tempo molto importante oltre ad un utilizzare materiali di livello. Desideriamo che le persone possano uscire da qui con un prodotto bello qualitativamente”. Certo le difficoltà non mancano,​ il Covid ha pesato e pesa anche la difficoltà,​ a volte, di far capire il prezzo ed il giusto valore del lavoro.​ “Il nostro riconoscimento è però certamente​ quello che tutti i clienti sono soddisfatti,​ non abbiamo nessun sospeso di pagamento e in tutti questi anni non abbiamo avuto alcuna situazione di conflitto”.

“Insomma – concludono Cristina e Sara -​ la nostra è la storia di due persone,​ di due donne, che si reinventano,​ scelgono un lavoro in cui si sporcano le mani e alla fine ce la fanno”. E non è poco.

ATELIER DES PAMPILLES
Via Lombroso, 3 – Torino
www.pampilles.it
atelier@pampilles.it